In quella affolatissima piazza che è Facebook, dove trovi di tutto e di più e a volte anche cose interessanti, mi sono imbattuta in un link che titolava: “Perchè alcuni di noi non hanno un’unica vera vocazione.”
Già solo il titolo mi ha incuriosito perchè mi è parso parlasse a me. Così ci ho cliccato sopra per approfondire l’argomento. Ho trovato questo intervento di Emile Wapnick, che non conoscevo fino a quel momento ma che ho scoperto essere una “carrer coach”, una persona che aiuta gli altri a comprendere chi sono realmente e a trovare la loro strada.
Racconta di aver notato uno schema nella sua vita secondo il quale “mi interessavo ad un argomento mi ci immergevo, lo divoravo, e diventavo brava qualsiasi cosa fosse, e a un certo punto cominciavo ad annoiarmi.” Dopo di chè “ mi interessavo ad altro, qualcosa di completamente diverso, e mi ci immergevo, lo divoravo, e pensavo: “Sì! Ho trovato la mia vocazione”, e poi raggiungevo quel punto in cui cominciavo ad annoiarmi. E alla fine, lasciavo perdere. Ma poi scoprivo qualcosa di nuovo e completamente diverso, e mi ci buttavo.“
Io da quando non lavoro ho incontrato numerose volte questa situazione: la prima cosa che ho provato a fare era scrivere un libro sulle energie rinnovabili, venendo da una laurea in ingegneria ambiente e territorio e un lavoro come progettista di impianti fotovoltaici. Poi mi sono lanciata nella grafica digitale scoprendo l’esistenza di tavoletta grafica e photoshop e credendo di aver finalmente trovato il mio posto nel mondo: la grafica digitale.
Poi sono passata ad attività più manuali come il lavoro sul legno, il lavoro a maglia e l’uncinetto, la macchina da cucire, la cucina e l’autoproduzione. Poi mi sono dedicata all’orto e al giardinaggio e poi ciclicamente di nuovo alla scrittura e di nuovo al lavoro a maglia e di nuovo al giardinaggio. E a lungo andare mi domandavo come mai non riuscissi a trovare la mia vera vocazione.
e Emilie racconta proprio questa sensazione: “Questo schema mi ha provocato molta ansia, per due motivi. Il primo era che non ero sicura di come avrei potuto trasformare tutto questo in un lavoro. Pensavo che alla fine avrei dovuto scegliere una cosa, negare tutte le mie altre passioni, e rassegnarmi a essere annoiata. L’altra ragione per la quale mi ha causato tanta ansia era un po’ più personale. Ero preoccupata che potesse esserci qualcosa di sbagliato, e qualcosa di sbagliato in me, per non essere capace di dedicarmi a una cosa.”
Alchè passa a illustrare esempi di persone che nella vita svolgono attività diverse tra loro e apparentemente inconciliabili.
E individua questa problematica: “Ma la maggior parte dei bambini non sa di persone così.Tutto quello che sa è che dovrà scegliere. Ma c’è di più. L’idea della vita strettamente focalizzata è molto romanzata nella nostra cultura. È l’idea di destino o dell’unica vera vocazione. L’idea che tutti hanno un’unica grande cosa che sono destinati a fare nella vita su questa Terra, e bisogna capire quale sia quella cosa e dedicarvi la vita.”
Ecco il problema: i genitori, gli insegnanti, la società, nessuno vi incoraggerà a coltivare i vostri mille interessi, vi diranno di concentrarvi su una cosa sola, possibilmente quella più seria e più remunerativa. Ricordo ancora quando, alla fine della terza media, espressi il desiderio di fare il liceo artistico per poi fare Belle Arti, dato che ho sempre amato disegnare, e mi venne detto “Scegli un liceo serio, classico o scientifico, e la pittura tienitela come hobby.”
Zac! Tarpate istantaneamente le ali della creativa che era in me e subito instillata nella mia mente l’idea Arte e creatività = niente di serio.
Emilie parla alle persone come noi: “Ma se non siete fatti in questo modo? Se siete curiosi di tanti argomenti diversi, e volete fare cose diverse? Non c’è spazio per qualcuno come voi in questo quadro. Quindi potreste sentirvi soli. Potreste avere la sensazione di non avere uno scopo, o che ci sia qualcosa di sbagliato in voi. Non c’è niente di sbagliato in voi. Siete un “multipotenziale“.
Ecco arrivata la mia diagnosi: ciao, sono Francesca, ho 36 anni e sono un Multipotenziale.
“Un multipotenziale è una persona con molti interessi e occupazioni creative”
E il bello è che non c’è cura. Non solo, forse non è nemmeno una malattia.
“È facile vedere la propria multipotenzialità come una limitazione o un difetto da superare. Ma quello che ho imparato parlando (…) è che ci sono grandi punti di forza nell’essere fatti così. Ecco i tre super poteri dei multipotenziali.
Uno: sintesi di idee. Cioè, combinare due o più campi e creare qualcosa di nuovo nell’intersezione. (…) L’innovazione nasce nelle intersezioni. È lì che vengono fuori nuove idee. E i multipotenziali, con tutti i loro bagagli, sono capaci di accedere a molti di questi punti di intersezione.
Il secondo potere dei multipotenziali è il rapido apprendimento
Il terzo potere dei multipotenziali è l’adattabilità; cioè, la capacità di trasformarsi in qualsiasi cosa bisogna essere in una data situazione.”
E mi sono ritrovata anche qui: io imparo in fretta, e mi puoi mettere al mare, in montagna, in campagna, sto bene ovunque perchè mi adatto rapidamente.
E da oggi so anche di avere dei superpoteri. Sto ancora lavorando sul primo ma siamo sulla buona strada.
Concludo con l’augurio di Emilie: seguite la vostra curiosità nella tana del bianconiglio!
“ abbracciate il vostro modo di essere, qualunque esso sia. Se siete specialisti fino al midollo, allora con qualsiasi mezzo, specializzatevi. È lì che farete del vostro meglio. Ma i multipotenziali (…) a voi dico: abbracciate tutte le vostre passioni. Seguite la vostra curiosità in quelle tane di coniglioEsplorate le vostre intersezioni. Abbracciate i vostri fili interiori per una vita più felice e autentica. E forse, ancora più importante, multipotenziali, il mondo ha bisogno di noi.“